La vicenda dello sgombero di via Giordania e alcune dichiarazioni apparse sui social e sui giornali possono dare a tutti noi lo spunto per una riflessione. Il diritto all’abitazione è sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo ed emana dalla nostra Costituzione. La Corte Costituzionale riconosce la casa come un bene primario dell’individuo che la legge deve adeguatamente e concretamente tutelare, un fondamentale diritto della persona che lo Stato deve garantire. Per la Corte sussiste un generale dovere da parte della collettività di impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione.
Come non si dovrebbe progettare un marciapiede senza scivoli dimenticando chi si sposta in sedia a rotelle, oppure togliere una panchina credendo di risolvere il problema del decoro, a maggior ragione non si può emettere un’ordinanza di sgombero nei confronti di famiglie con anziani e bambini prima di aver individuato un’adeguata soluzione per quelle persone. Per farlo è necessario recarsi sul posto per osservare e rendersi conto con i propri occhi, incontrando e conoscendo quelle famiglie. Non è sufficiente conoscere una situazione solo dal punto di vista tecnico. E’ necessario ascoltare le persone, le loro storie, capire le loro necessità. Solo a quel punto sarà possibile giudicare la situazione e agire, concordando una soluzione che consideri tutte le esigenze, preoccupandosi in primo luogo dei più fragili.
L’enfasi che viene data in questi giorni al concetto di legalità (“la nostra è l’amministrazione della legalità”, sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna; “l’unica esigenza che il Comune deve tutelare è quella della legalità”, consigliere comunale Gino Tornusciolo) rischia di condurci in un terreno insidioso. La legalità è uno strumento, non il fine. Il fine è semmai la giustizia, un principio, di cui la legalità è al servizio.
Se alcune persone hanno vissuto in un contesto che per certi aspetti può essere considerato illegale, il Comune ha indubbiamente la sua parte di responsabilità. Perché fino al 2016 le precedenti amministrazioni comunali non hanno completato le opere necessarie per il piazzale di via Giordania? Perché dal 2016 ad oggi l’attuale amministrazione non l’ha fatto? E se non sono state pagate delle utenze o se non sono state rispettate le regole sanitarie e ambientali, perché ciò è stato consentito per tutto questo tempo? Anche qui c’è una responsabilità che investe le istituzioni.
La legalità non è un valore in sé, ma è mera espressione di forma; in alcuni casi essa può produrre anche ingiustizia. Il principio della giustizia, invece, implica uno sforzo riflessivo e analitico che parte dai propri principi etici e dai valori morali comunemente accettati (eventualmente osando elaborarne di nuovi) e che interpreta i fatti e le situazioni attraverso una critica profonda, distribuendo con equità gli oneri, in base alle possibilità. Ordinare lo sgombero dal luogo in cui vivono delle famiglie con scolari e persone anziane senza prima aver individuato e concordato un’alternativa condivisa non è giustizia.
La sicurezza, infine, è un tema serio e complesso, troppo spesso utilizzato fuori luogo (“crediamo nella legalità e nella sicurezza. Riteniamo che in via Giordania debba sostare solo chi ne ha diritto”, consigliere comunale Pasquale Virciglio; “in via Giordania è stata ripristinata la legalità e la sicurezza”, consigliere comunale Andrea Ulmi). Secondo il D.L. 20 febbraio 2017, n. 14, la Sicurezza urbana è definita come un bene pubblico da perseguire attraverso 1) la riqualificazione e il recupero delle aree o dei siti più degradati, 2) l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, 3) la prevenzione della criminalità, 4) la promozione del rispetto della legalità, 5) più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile. In che modo sono stati eliminati i fattori di marginalità e di esclusione sociale e raggiunti più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile ordinando lo sgombero di un area alle famiglie che ci vivevano senza prima aver individuato una soluzione adeguata?
GROSSETO AL CENTRO ritiene che se a un’amministrazione comunale sorge anche il minimo dubbio sull’opportunità di una deliberazione, sarebbe auspicabile che esso venisse sciolto prima di tutto con il dialogo, seguendo la saggia sequenza “osservare, ascoltare, comprendere, condividere, agire”. Qui non si è intervenuti su di un’area o uno spazio pubblico, ma “a gamba tesa” sulla vita di famiglie che abitano quel luogo da anni, che chiedono di vivere, non solo di esistere. Siamo convinti che un maggior ascolto, a cominciare dai più fragili, costituisca la base per una vera prevenzione, per una legalità maggiormente diffusa e lo strumento per vivere e amministrare da alleati di tutti i cittadini.